Carlo Morra, 1968
Ansaldi appare direttamente collegato alla tradizione paesaggistica piemontese di estrazione ottocentesca (che a Saluzzo e dintorni ha conosciuto più di una significativa presenza).
Ci è piaciuto soprattutto nei lavori di piccola dimensione come “La fienagione”, “Cardi di montagna”, “Vecchia strada”, “Prime luci” ed altri…
Carlo Morra, 1969
Ansaldi espone al Palazzetto Civico di Cuneo: presenta un'ampia selezione della sua attività. Lo incantano soprattutto i silenzi dei monti, lo stormir delle fronde in un bosco, il baluginare del sole sui campi coperti di neve mentre i salici spogli allungano le loro ombre su fossi gelati e su terre innevate.
Questi lavori rivelano chiaramente un'ottima conoscenza del disegno e ottime capacità nel costruire un soggetto. La tavolozza non è mai stata ardita e conosce le sfumature di ogni colore, le sottigliezze di attenti accostamenti.
il Secolo XIX, 1973
Ansaldi presenta una selezione delle sue più recenti opere. Sono soprattutto spunti e motivi paesaggistici del Piemonte, delle sue montagne e delle sue belle vallate. Una pittura leggibile, aperta e immediata, nella quale si esprime un palpito di non banale poesia.
Tom Valinotti, 1979
È con vera gioia che, accogliendo l'invito dell'amico, ho visto i suoi nuovi quadri: paesaggi ricchi di luce e di verde dei nostri paesini di montagna, squarci suggestivi della pittoresca “Langa”, simpatici e dimenticati angoli della vecchia Parigi, casolari sperduti sotto un manto di neve, volti carichi di rughe di montanari delle nostre valli.
Quello che colpisce e avvince nei quadri di Ansaldi è la semplicità e la lealtà del suo dipingere. In essi vedi immediatamente la mano e un cuore innamorato del bello e delle piccole ma preziose cose di ogni giorno e ammiri la sua capacità di coglierle e trasferirle con immediatezza e padronanza del pennello sulla tela.
Marco Luciano, 1973
Gli intenti sono sempre quelli di cercare cosa nasconde un pittore dietro le sue tele. “Niente di particolare, è tutto in superficie, comprensibile a tutti, il messaggio è più chiaro che se lo scrivessi a grandi lettere, e non occorre alcun sforzo per capirlo. Quello che sto dicendo io, altri lo dicono attraverso la fotografia, i romanzi e gli scritti. A me piace dipingere, a scuola riuscivo bene, perché allora non sfruttare questa mia predisposizione? Perciò da hobby domenicale si sta trasformando sempre più in professione, lavorando io in un settore collaterale posso facilmente dire quanto provo.”
“I miei migliori amici sono il cavalletto, i colori e il mondo che mi circonda. Ho fatto anche dei ritratti a personaggi caratteristici della montagna, dei borghi marinari, ma soprattutto a mia madre, e di questi sono gelosissimo.”
Cosa rappresenta per te una Mostra?
“Lo strumento tramite cui valuto se la gente intende avvicinarsi a questo mondo o meno, ed un esame dal quale trarre spunti per i miglioramenti che devo portare alla mia pittura”.
Un pittore molto semplice, naif nello spirito e non nella tecnica, dove tutto è realtà, una realtà troppe volte sconosciuta e distante dalla nostra mente.
G.D., Savigliano 1990
Alla vernice di sabato 3 cordialissimo l'incontro col pubblico ed ottimo il successo personale di questo giovane “Artista”. Inserito nel filone e nella tradizione figurativa subalpina, Ansaldi ha arricchito tavolozza ed espressioni restando fedele con originale impronta e spunto a temi classici, paesistici e naturali godibili e comunicativi.
A quella “natura-realtà” in cui si avverte, diceva un poeta, la mano attiva di Dio; alle “cose” che continuano a commuovere e a partecipare.
Ansaldi, da attento e sensibile ospite, ha dedicato anche una serie di acquerelli alla nostra città. Pittura dalla mano felice, Ansaldi vive in un'isola ideale di colori pastello, rosa, lavanda, verdi e turchesi con una luce che fa venire in mente la Provenza.
Un operatore valido che siamo lieti di raccomandare agli amatori.
Giorgio Barberis, 1990
Il gusto grafico dell'opera di Piero Ansaldi
Pittore con proprie idee compositive, Ansaldi si presenta nelle sale di via Cambiani con una nutrita rassegna di opere che denunciano chiaramente l'evoluzione costante di questo bravo autore saluzzese.
Ciò che colpisce, in primo, è la linearità raggiunta in ogni opera che funge da immaginario filo conduttore di un discorso limpidamente subalpino e ben radicato nella tradizione paesistica.
E' vero anche che il tratto, seppur classico, rivela una modernità soffusa che pone il Nostro su un piano meno usuale, meno scontato e gli permette di proporre i temi più sentiti con una verve contemporanea che solo il colore, a volte, riporta ad espressioni più pacate.
Lo si nota in particolare nei tagli (saviglianesi soprattutto) che “penna” ed acquarello impressionano sulla carta della seconda sala, dove più evidente è la bravura dell'artista nel cogliere, con immediatezza filtrata, scorci ed angoli suggestivi che esprimono appieno la propria sensibilità. Sensibilità derivata certo dal quotidiano contatto con opere grafiche di grandi incisori e stampatori del passato e che trasuda dal bel “Novello”, dai corretti tagli di “Via Tapparelli” e “Via Grassi” e, naturalmente dall'accattivante opera in locandina.
Buona anche l'impressione che si ha all'analisi degli oli che occupano la prima sala. Qui emergono prepotenti alcuni piacevoli tagli di neve, una “Senna” di pieno sapore parigino ed i paesaggi che una tavolozza giustamente poco ardita lascia piacevolmente godere. Il colore infatti non soffoca il segno che si avvale della forza già evidente nell'opera grafica, ma, come sottolineato, smessa ogni trasgressione perché il carattere della pennellata pare avere un doppio valore: uno disegnativo e l'altro che stabilisce nel dipinto come dei salti di tono dove emergono anche rapide opposizioni cromatiche che creano certe luci di effetto ottenute in modo attualissimo, col valersi del colore di campitura sottostante.
Carlo Morra, 1991
La pittura di Piero Ansaldi è di quelle che subito riescono gradevoli all'osservatore che ne resta piacevolmente suggestionato.
La prima mostra che di lui ricordiamo è una personale a Saluzzo nel 1968. In questi anni di attività è venuto coerentemente evolvendo in una sua forma espressiva, che lega le sue radici all'esperienza del paesaggismo piemontese di fine Ottocento, tra la Scuola di Rivara e la lezione di Rayper, Reycend e Tavernier, e che si è venuta enucleando in quella atmosfera tutta particolare che nel saluzzese hanno creato le esperienze di Giulio Boetto e di Matteo Olivero.
Da tutte queste esperienze però, Ansaldi ha tratto insegnamenti ma non suggestioni o vincoli ed il suo modo di interpretare il paesaggio è quanto mai moderno, così da far pensare certe volte (abbiamo in mente una “Alta Langa” ed un “Inverno in Langa” ) a certe esperienze di Leonardo Castellani, di Paolo Manaresi, di Sigfrido Bartolini e di Fiorella Diamantini.
Ansaldi va a cogliere i soggetti dei suoi lavori un po' dovunque, dalla Provenza a Ventimiglia, dalla Langa agli angoli più caratteristici di Torino e di Cuneo o magari in quel mondo così affascinante quale sempre è la Parigi di Montmartre.
Non disdegna neppure la figura ed in una mostra recente abbiamo assai apprezzato due nudi di “Modella” che testimoniano della robusta capacità costruttiva del suo disegnare e dipingere.
Spesso invece sono angoli trascurati del vecchio porto, uno scorcio di un canale di Venezia, una bicicletta appoggiata al muro presso un portone a suscitare l'emozione del Pittore.
Ansaldi rivisita questi temi con una sorta di emozionata attenzione e ricrea, con garbo di cromie e sapienza di taglio compositivo, una atmosfera ed un ambiente. Poco importa se poi atmosfera ed ambiente non sono quelli che tutti noi potremmo trovare recandoci sul luogo e se ci apparirà chiaro che il pittore lo ha rivisitato in chiave poetica o lo ha preso a pretesto per trascriverci una sua emozione, ciò che conta sono le sensazioni del bello che egli riesce a comunicarci.
Aldo Spinardi, 1997
“Dalle radici la linfa”
I cortili di Saluzzo e di Mondovì, dell'Ottocento e anche del secolo precedente, con i loro poggioli traballanti, il luogo d'incontro e di scontro, sembrano sostenere un mondo che è sempre sul punto di crollare e che, per fortuna, non cade mai.
Per la sua semplicità, per la sua genuinità, per la capacità di ognuno dei casigliani di sperare sempre nel domani, anche quando l'angoscia li trafigge.
Piero Ansaldi, al quale questo mondo è familiare, ne traccia l'immagine con tratti rapidi, quasi intendesse dargli respiro ed energia, perché crede nella gente dalla stoffa buona.
I poggioli traballano, ma sono sempre luogo d'incontro e di scontro.
I mercatini, che offrono agli amanti del bel tempo antico vecchi menù, cartoline, bottiglie, orologi, riviste, giornali e tutto quanto ravviva la memoria e l'affetto, ad esempio le grosse chiavi per aprire i pesanti portoni di legno, sono per Ansaldi stimoli efficacissimi: egli vede quei fogli vibrare, quelle cartoline correre da un paese all'altro sulle vecchie diligenze, quelle chiavi aprire il cuore di fanciulle timorose e tremanti; dalle superfici, mosse come un mare in burrasca, dei banchi, dai teloni soprastanti, dai colori più vari, sembra affiorare la vita dei nostri vecchi, essi non si allontanano mai, sono sempre disponibili a suggerirci, quando ne abbiamo bisogno, la strada giusta.
Trombe, tromboni, clarinetti, chitarre, grancasse: melodie tristi che penetrano nell'animo, lamenti di gente che soffre e che, nella musica, ritrova il coraggio per affrontare l'avvenire.
La pittura di Piero Ansaldi si richiama all'impressionismo, ma le sue sono soltanto impressioni, penetrano nel profondo per assorbire l'alimento che farà germogliare i fiori a primavera.
Anche il nudo femminile, proprio perché è vita, stimola il pittore a scavare dentro, a rivelare lo stato d'animo l'interiorità e a farla affiorare sul volto, sull'epidermide, negli occhi, sulle labbra. La sensibilità che muove la mano, il pennello a tracciare immagini che sembrano voler fuggire da questo mondo per raggiungere un misterioso paradiso.
Profilo biografico curato da Paolo Infossi
Piero Ansaldi nasce a Saluzzo il 21 aprile 1940.
Inizia a dipingere giovanissimo. Sul finire degli anni sessanta aderisce alle prime mostre collettive e personali. Proprio il '68 coincide infatti con la prima collettiva, allestita nella sua Città, nella “saletta di Palazzo Italia”.
In quel periodo, anche Piero Ansaldi, che dipinge prevalentemente “en plein air” sembra tendenzialmente legato alla tradizione figurativa subalpina di estrazione ottocentesca.
Scrive Carlo Morra commentando la prima personale ordinata a Cuneo l'anno successivo: “Lo incantano soprattutto i silenzi dei monti, lo stormir delle fronde in un bosco, il baluginare del sole sui campi coperti di neve mentre i salici spogli allungano le loro ombre su fossi gelati e su terre innevate”.
Un percorso che sarà caratterizzato, in seguito, da numerose altre esperienze espositive che lo vedranno protagonista un po' ovunque. L'iniziale attento interesse per il Corot, sarà successivamente rivolto a Mattioli ed al fascino di quella diversa concezione dell'arte, od ancora al cinese Zao Wou-Ki, che costituirà ulteriori motivi di riflessione.
Gli anni '90 sono caratterizzati sia da una più incisiva applicazione delle tecniche miste, quanto dalla costante evoluzione della stessa costruzione scenica dell'opera.
Una trasformazione che da tempo aveva coinvolto quell'originaria impostazione figurativa, accentuandone l'impronta impressionista.
Un processo tutt'ora in corso, evidenziato da un progressivo abbandono della visione prospettica, inteso sostanzialmente alla ricerca di nuovi delicati equilibri delle masse coloristiche, essenziali ad una nuova contrapposizione di luci ed ombre.
Scriveva sin dal '90 Giorgio Barberis: “Il colore infatti non soffoca il segno che si avvale della forza già evidente nell'opera grafica ma, come sottolineato, smessa ogni trasgressione perché il carattere della pennellata pare avere un doppio valore: uno disegnativo e l'altro che stabilisce nel dipinto come dei salti di tono dove emergono anche rapide opposizioni cromatiche che creano certe luci di effetto ottenute in modo attualissimo, col valersi del colore di campitura sottostante”.
Una spiccata personalità che caratterizza esemplarmente questi ultimi lavori, come le vibranti visioni d'interni od i classici scorci di paesaggio urbano, facciate e balconi immersi nel chiaro-scuro accanto ai mercatini delle pulci o alle affollate scene dei mercatini antiquari e dei caffè parigini, ed ancora i musicisti calati nelle suggestive atmosfere americane contrapposte alle desolate lande scandinave.
Nel 1980 espone per la prima volta alla “Rassegna saluzzese”, dove ritornerà in seguito consecutivamente dal '90, distinguendosi in più occasioni, sino al conseguimento, unico saluzzese, del Premio “Matteo Olivero”.